Per Questo mi Chiamo Giovanni | Riassunto Breve e per Capitoli

per questo mi chiamo giovanni - luigi garlando - riassunto del libro

Se siete alla ricerca di un riassunto del libro di Luigi Garlando “Per questo mi chiamo Giovanni“, siete atterrati senza dubbio sulla pagina giusta!

In questo articolo troverete 3 riassunti di diversa lunghezza: brevissimo (261 parole), breve (671), per capitoli (4021 parole). In più troverete anche una tabella con l’analisi dei personaggi e una con l’analisi dei luoghi e delle ambientazioni. Vi consiglio di leggere anche la recensione del libro, che vi potrebbe aiutare a scrivere un eventuale commento e di dare un’occhiata anche alla recensione di Vai all’Inferno Dante, sempre di Luigi Garlando. Buona Lettura!

TitoloPer questo mi chiamo Giovanni
AutoreLuigi Garlando
Prima pubblicazioneAprile 2004
Primo EditoreFabbri Editori
Pagine159
Età consigliataDagli 8 anni in poi

Brevissimo

Il papà di Giovanni, proprietario di una catena di negozi di giocattoli, ha il sospetto che un suo compagno di classe, Tonio, abbia rotto un braccio ad un altro bambino di nome Simone e che estorca la paghetta di Giovanni che di conseguenza non può più comprarsi le figurine.

Con la scusa di raccontargli la storia del suo scimpanzé peluche Bum, organizza così un giro per Palermo, per raccontargli la storia di Giovanni Falcone ed insegnarli come sia importante denunciare chi commette un crimine.

Giovanni scopre la storia di Giovanni Falcone, un magistrato coraggioso che iniziò la sua battaglia contro la mafia negli anni ’80 e che, con il maxiprocesso dell’86, riuscì a portare in prigione tantissimi mafiosi e mettere in ginocchio Cosa Nostra. Purtroppo però la vendetta della mafia fu repentina e nel ’92 fu ucciso nell’attentato di Capaci, ordinato dal boss Totò, capo dei corleonesi.

A seguito della morte di Falcone, il papà decise di chiamare il figlio Giovanni, nato nello stesso giorno dell’attentato. Da quel giorno il papà decide di non pagare più il pizzo e la mafia si vendica mettendo una bomba nel suo negozio. L’esplosione getta fuori dalle porte lo scimpanzé Bum che ha i piedi bruciati.

Venendo a conoscere questa storia, Giovanni decide di non dare più la sua paghetta a Tonio, ricavandone un occhio nero. Tonio viene così sospeso e i due fratelli si vendicano contro il preside, ma vengono arrestati e spediti al carcere minorile. Giovanni attacca il suo album delle figurine all’albero Falcone, un luogo dove molte altre persone lasciano i propri ricordi e pensieri per il magistrato. Giovanni pensa che se un giorno potrà completare l’album sarà anche grazie a Falcone.

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Breve

Il papà di Giovanni, proprietario di una catena di negozi di giocattoli, in occasione del decimo compleanno del figlio, organizza una gita nella città dove vivono, Palermo, per spiegargli la storia del suo peluche scimpanzé di nome Boom.

A scuola di Giovanni, un certo bulletto di nome Tonio ha fatto cadere dalle scale Simone, rompendogli un braccio, ma nessuno ha il coraggio di dire niente alla maestra. Tonio, come se non bastasse, estorce i soldi a Giovanni, che non può più permettersi di completare il suo album di figurine.

Il papà di Giovanni ha capito come siano andate le cose e vuole convincere il figlio a denunciare il fatto e lo vuole fare raccontandogli una storia.

Il tour inizia in Via Castrofilippo 1, dove gli narra la storia di un altro Giovanni, un bambino molto coraggioso, che impara dalla famiglia quanto sia importante lavorare sodo per il bene comune.

Quando Giovanni cresce, studia legge e diventa così prima un pretore, poi un magistrato. Da subito rischia la sua vita in molte occasioni al costo di scoprire la verità. A Trapani incontrò per la prima volta il mostro, la mafia, nella persona di un grande boss, chiamato Don Mariano.

Il papà spiega a Giovanni cosa sia la mafia, facendo un parallelo con ciò che è successo nella sua classe. Tonio è il mafioso, la maestra e il preside sono le autorità e i bambini sono le vittime della mafia.

Il papà spiega poi a Giovanni com’è organizzata la Mafia, cosa è una cosca, e il rito per entrare a far parte di una famiglia mafiosa.

Giovanni viene poi a scoprire quanto sia feroce la mafia e delle modalità in cui uccide e fa sparire le povere vittime.

Tra l’82 e l’86 Giovanni Falcone è a Palermo e sta combattendo la parte più importante della sua partita contro la mafia. In questo momento lavora nel pool antimafia, di cui fanno parte altri collaboratori molto capaci, tra cui il celebre Paolo Borsellino. In questo periodo alcuni dei suoi collaboratori vengono uccisi.

Dopo molti anni di lavoro, l’11 Febbraio del 1986, Giovanni riesce a portare in giudizio 474 mafiosi ed inizia così il Maxiprocesso a Cosa Nostra, grazie al quale i mafiosi vennero condannati in totale a 19 ergastoli e 11 miliardi e mezzo di multa da pagare.

Giovanni si sposta a Roma dove è intento a costruire la Superprocura, un nuovo strumento per sconfiggere la mafia. Il 23 Maggio 1992, mentre torna a Palermo per vedere la famiglia, Giovanni, sua moglie Francesca e parte della sua scorta, rimangono vittime di un attentato ordinato da Totò (il boss dei Corleonesi) a Capaci.

In quello stesso giorno, nasce il piccolo Giovanni ed il papà corre in ospedale per vederlo. Il papà scosso dalla morte di Giovanni Falcone decide di chiamare il figlio proprio come lui, Giovanni.

Durante il racconto, il papà e Giovanni si recano a via Notarbartolo 23, dove oggi si trova un albero che sul quale tante persone lasciato i loro bigliettini, con parole di ammirazione e di gratitudine per Giovanni Falcone.

Da quel giorno il papà di Giovanni decide di non dare più il pizzo ai mafiosi, che passano nel suo negozio ogni ultimo venerdì del mese. Dopo soli 10 giorni, la mafia si vendica e gli fa esplodere il negozio. A seguito dell’esplosione, un peluche di uno scimpanzé salta fuori dal negozio con entrambi i piedi bruciati.

Il giorno dopo Giovanni va a trovare la signora Maria, la sorella di Giovanni Falcone, la quale gli racconta alcuni aneddoti sulla vita del fratello e gli regala un libricino contenente alcuni pensieri lasciati sull’albero Falcone.

Giovanni alla fine decide di denunciare Tonio, che gli rifila un pugno nell’occhio. Giovanni, Simone e la maestra portano Tonio dal preside che decide di sospenderlo. I fratelli di Tonio aggrediscono il preside, ma vengono poi denunciati e portati al carcere minorile di Palermo.

Giovanni attacca sull’albero Falcone il suo albume di figurine e pensa che, se riuscirà a completarlo, sarà anche grazie a lui.


Per Capitoli

1. Bum, dimmi chi sei

Giovanni è nella sua stanza, quando il papà entra e gli dice che per il suo decimo compleanno ha organizzato un gita per la città di Palermo (dove vivono), occasione in cui gli spiegherà la storia del suo scimpanzé peluche di nome Bum che, per qualche motivo misterioso, ha i piedi bruciati.

Il Papà di Giovanni per lavoro apre negozi di giocattoli e ne ha uno in Via della Libertà; per questo motivo è spesso fuori casa per controllare come vanno i negozi e per andare alla ricerca di nuovi giocattoli da vendere.

Il papà riferisce a Giovanni che è venuto a sapere che il suo amico Simone è caduto dalle scale e si è rotto il braccio e vuole sapere se centra in qualche modo Tonio, il bulletto della classe. Giovanni dice al papà di non sapere niente e di non aver visto niente. L’ultima volta che la maestra aveva rimproverato Tonio si era trovata con le ruote bucate.

Il padre sfoglia poi l’album di figurine di Giovanni e gli chiede come mai sia mezzo vuoto, nonostante spenda tutte le sue paghette in figurine. Giovanni risponde che è molto sfortunato e che trova sempre e solo doppioni.

2. Gli uomini non piangono

Il giorno dopo Giovanni fa colazione con la zia Nuccia e poi monta con il padre sul loro “gippone” per iniziare il tour per le strade di Palermo. Passando per Via della Libertà, si recano così a Via Castro Filippo 1, dove Giovanni vede un sasso bianco con la scritta “con gratitudine e riconoscenza. Qui nacque Giovanni Falcone, 18 maggio 1939“. Giovanni è il protagonista della storia che il papà racconterà al figlio, una storia importante, attraverso la quale potrà spiegare anche chi è Bum e perché ha i piedi bruciati.

Il papà inizia a raccontare al figlio chi era Giovanni attraverso i racconti della sorella Maria: quando è nato era entrata una colomba bianca della finestra che sembrava proprio non volersene andare via. Aveva i pugni chiusi come un pugile e, a differenza di tutti i bambini che vengono al mondo, non si mise a piangere.

Il papà e Giovanni passano poi per Piazza Sett’Angeli, vicino alla chiesa di Santa Teresa, dove Giovanni giocava spesso. Passano poi per via Butera, dove si trova il museo delle marionette.

Il bambino, incuriosito, chiede più informazioni sui genitori di Giovanni; la madre si chiamava Luisa, era una donna severa e che diceva sempre che gli uomini non piangono e che bisogna sacrificarsi per il bene comune e fare il proprio dovere senza paura.

Il fratello della mamma, cioè lo zio di Giovanni Falcone, si chiamava Salvatore ed era morto a 18 anni durante la prima guerra mondiale. Lo zio Giovanni, invece, era capitano d’aviazione e morì a 24 anni durante un duello in cielo. Insomma una famiglia di eroi che si erano sacrificati per il bene comune.

A Giovanni Falcone piacevano questi racconti e voleva essere all’altezza dei suoi parenti eroi. Per fare un esempio, una volta cadde su una pietra e si fece molto male ad un ginocchio, ma anche durante le dolorose cure, riuscì a non versare una lacrima.

A causa della guerra, Giovanni e la famiglia si spostarono a Sferracavallo, dove avevano una villa vicino al mare. Poi si spostarono in campagna a Corleone.

Giovanni e il papà si recano così a Piazza Sett’Angeli, dove c’è il Convitto Nazionale dove andava a scuola Giovanni Falcone. Il papà spiega che Giovanni non era un secchione, ma era molto attento in classe. Gli piaceva invece andare al mare a Mondello, giocare a ping pong, giocare con i soldatini di piombo, inventare duelli con le spade di legno, amava Zorro e “I 3 moschettieri”.

Durante gli anni del convitto, in Giovanni crebbe l’amore per la giustizia e la voglia di difendere i più deboli. Alcuni bulli prendevano in giro i più giovani, dicendogli che la sigla C.N. (Convitto Nazionale), nel loro caso voleva dire “cretino nazionale”. Giovanni in questi casi prendeva le difese delle vittime.

3. Il Lucertolone

Giovanni dopo aver fatto le medie ed il liceo classico, a 20 anni scelse di andare all’accademia navale, a Livorno, ma non si trovò bene a causa delle regole rigide e della vita da caserma. Anche qui difendeva tutti, tanto che un giorno si trovo nel mezzo di una scazzottata nella nave scuola Amerigo Vespucci. Il papà tira fuori dallo zaino una foto di questa nave e la mostra al piccolo Giovanni.

In questo periodo Giovanni Falcone riceve le lettere preoccupate del padre che lo chiama “bidicchiù” (bellino) e che gli confida di sentire fortemente la sua mancanza, che descrive come una “mutilazione”.

Così Giovanni F. torna a Palermo dove si iscrive all’università di legge, per diventare avvocato o giudice.

La tappa successiva del viaggio è poi Mondello, dove padre e figlio prendono una cabina e due sdraie al Kursal. Il papà indica al figlio alcuni scogli in lontananza e gli mostra dove si trovava la villa di Giovanni, al quale piaceva nuotare ed andare in canoa.

Dopo essersi laureato, il primo incarico di Giovanni fu a 24 anni, a Lentini, dove svolse il ruolo di pretore in un ufficio. Il primo caso fu un uomo morto in un cantiere, mentre il secondo fu il ritrovamento di due coniugi ritrovati morti in un porcile. Giovanni riuscì a scoprire che l’assassino era il nipote.

A Trapani invece si occupò di contrabbando ed iniziò a mostrare le sue capacità ed il suo carattere.

La prima volta che mise la sua vita in pericolo, fu in un carcere di sicurezza dell’isola di Favignana, dove un detenuto con un grande tatuaggio sul collo (un lucertolone) lo prese in ostaggio e minacciò di sgozzarlo se non l’avessero trasferito in un altro carcere con la sorella e non gli avessero permesso di leggere un messaggio alla radio. Scampato il pericolo, la sera festeggiò con la compagna Rita.

4. L’incontro con il Mostro

Padre e figlio giocano in acqua e poi tornano a sdraiarsi sugli asciugamani per continuare la storia: a Trapani Giovanni incontrò per la prima volta il mostro e il papà per spiegare di che cosa si tratti, fa un parallelo con ciò che presume sia successo nella classe del figlio:

Tonio estorce i 5 euro a Giovanni che, spaventato dal coltellino, non denuncia il fatto alla maestra. Simone, invece non ha paura e non paga, ma Tonio, più forte e più grosso, gli lega i lacci delle scarpe e lo fa cadere per le scale, rompendogli un braccio. Tonio non può essere punito perché nessuno parla e ha visto niente. Il risultato è che in classe ci sono ora due leggi, quella della maestra (quella giusta) e quella di Tonio, ingiusta e del più forte.

Il padre spiega poi che la parola mafia appare per la prima volta in un vocabolario del 1868, con due significati: “miseria” e “prepotente“. L’autore spiega che la mafia è la miseria di chi crede che vale solo la legge del “prepotente”.

Il papà spiega che dopo tanti anni “dare i soldi a Tonio” non è più percepito come un’ingiustizia e che spesso le due leggi, quella giusta e quella sbagliata, diventano la stessa cosa; infatti, a volte, sindaci e poliziotti stanno dalla parte della mafia.

A Trapani Giovanni F., doveva portare a processo Don Mariano, un grande capo mafioso che appare però gentile, distinto e sorridente. Nonostante ci siano i testimoni e le carte che provino la colpevolezza del boss, Don Mariano viene scagionato per insufficienza di prove.

Questo primo incontro con la mafia permise a Giovanni Falcone di capire chi era il mostro e quali fossero le armi necessarie per sconfiggerlo.

4. Possano bruciare le mie carni, se…

Padre e figlio sono ai tavolini del Kursal per ordinare qualcosa da mangiare, quando il primo tira fuori dallo zaino un carciofo. Spiega così che la corona di foglie del carciofo si chiama cosca, una parola che oggi si riferisce più che altro ad un gruppo di mafiosi ed ogni foglia è una famiglia diversa.

A quei tempi ogni quartiere di Palermo era comandato da una cosca diversa: c’era quella di Ciaculli, di Corso dei Mille, di Porta Nuova, di Santa Maria di Gesù. Ogni quartiere era come una classe con un Tonio all’interno.

Come probabilmente avviene ancora oggi, per entrare in una famiglia non bisogna essere parenti, ma partecipare ad un rito e fare un giuramento. Durante questo rito un boss pronuncia un discorso al nuovo mafioso, in presenza di due testimoni. In questo discorso il boss denuncia le ingiustizie sociali e ricorda che “la cosa” si occupa di difendere i più deboli, gli orfani e le vedove.

I due testimoni pungono il dito del nuovo con una spina di arancia amara e versano il sangue su un’immagine sacra che viene incendiata e deve esser passata velocemente tra una mano e l’altra, finché non si spegne. Il nuovo pronuncia così queste parole: possano bruciare le mie carni come questo santino se non manterrò fede al giuramento. Il capo svela così che l’organizzazione si chiama “Cosa Nostra“.

Il capo spiega poi com’è organizzata: c’è un capo, un vicecapo, due o tre consiglieri e i capodecina che comandano i soldati o picciotti.

Quando il rito è concluso, dicono “il ragazzo è stato combinato”; se invece tradisce, viene cacciato e dicono “il ragazzo è stato posato”.

I capi più importanti formano la cupola che equivale ad una sorta di stato maggiore della mafia e prende le decisioni più importanti, come ad esempio chi ha ragione fra due famiglie mafiose che litigano. Il capo della cupola è il grande capo della mafia, colui che ha “tutto il carciofo”.

Il papà spiega al figlio quanto possano essere feroci i mafiosi. Mostra a Giovanni la foto di un bambino a cavallo di nome Giuseppe, figlio di Santino, un uomo d’onore (mafioso) che era in guerra con un’altra famiglia. Il piccolo Giuseppe sparì nel nulla e per anni non si seppe niente, un caso di lupara bianca, come si dice in gergo. Poi si scoprì che il bambino aveva vissuto con i suoi rapitori per 779 giorni, alla fine dei quali era stato strangolato e sciolto nell’acido.

Il papà spiega a Giovanni la morte del piccolo Giuseppe immergendo un’aspirina in un bicchier d’acqua e lasciandola sciogliere.

Spiega poi che la mafia fa sparire i cadaveri delle persone uccise legando un masso ai loro piedi e gettandole in mare. Per far capire questo, lascia cadere nel bicchiere d’acqua un calciatore del Subbuteo.

Dopo questi racconti, Giovanni, per la prima volta, si accorge di non aver più paura del coltellino di Tonio.

5. Una Vita da Topo

Giovanni Falcone iniziò così a lavorare al tribunale di Palermo, dove a quel tempo era davvero difficile condannare qualcuno. Il suo capo era Rocco, un magistrato anziano, ma duro come la roccia, che andava spesso nelle scuole per spiegare ai bambini cos’è la mafia; proprio per questo non piaceva per niente al mostro.

Rocco è a capo dell’ufficio istruzione e affida a Giovanni una delle indagini più importanti, contro una delle foglie del carciofo più pericolose, al capo della quale c’è Michele, un boss potentissimo che vive in un albergo a New York.

Nella famiglia di Michele c’è anche Rosario, un costruttore che a Palermo è visto come un benefattore perché porta tantissimo lavoro alle persone. I lavori sono però ottenuti in maniera illegale, corrompendo chi lavora in comune e a danno di altre aziende serie che lavorano molto meglio.

Giovanni è deciso ad andare fino in fondo e dal 1980 inizia a viaggiare con la scorta.

Il 3 settembre 1982, dopo solo 100 giorni di lavoro come prefetto antimafia, il Generale Carlo Alberto, viene assassinato al centro di Palermo, con moglie e scorta. Un anno dopo (1983), con un’auto imbottita di tritolo, muoiono Rocco, due guardie del corpo ed il portinaio.

Giovanni, da questo momento, inizia a vivere rintanato come un topo nella casa di Via Notarbartolo, con delle guardie sempre davanti alla porta di casa e un elicottero che controlla la zona quando esce di casa. Ogni attività è diventata impossibile, come il cinema, il ristorante (tutti escono quando lo vedono) e la piscina.

Giovanni non sta più con Rita, che sceglie di lasciare per proteggerla dai rischi del suo mestiere; sta adesso con Francesca, un magistrato abituato e pronto a questo tipo di vita sacrificata.

6. Sgambettarlo, come Maratona

Dopo aver fatto un bagno, il papà e il figlio si fanno una doccia e vanno in cabina. Il papà continua la sua storia: Giovanni un giorno ricevette una minaccia da Michele il papa, il boss della cosca dei Ciaculli, il numero uno di Cosa Nostra: “lei è bravo come Maradona, per fermarla bisogna farle lo sgambetto”.

Giovanni lavorava nel pool antimafia composto da Antonino, che prese il posto di Rocco, Paolo, Giuseppe, Leonardo, Ignazio e Giacomo.

Ninni era l’uomo d’azione e senza paura, quello che faceva gli arresti e le perquisizioni a Palermo. Agli inizi degli anni ’80 segna i primi gol. In questo momento il carciofo inizia ad avvizzire, le famiglie erano in lotta fra di loro e Giovanni vuole approfittare di questa debolezza. Anche il sindaco Leoluca è dalla parte di Giovanni.

In questi anni, Don Masino, detto il boss dei due mondi, si ritira in una fattoria a San Paolo, in Brasile, con moglie e figli. Per sua sfortuna lo va a trovare Gaetano, odiato dai corleonesi, che pensano che i due stiano organizzando qualcosa contro di loro.

Da questo momento in poi inizia una strage dei parenti di Don Masino e Giovanni pensa di poter approfittare di questa frattura fra le due famiglie. Convince così il boss a raccontare moltissimi dettagli sul funzionamento della mafia, il loro linguaggio e molte altre informazioni preziose.

È l’alba del 29 Settembre 1984, giorno di San Michele, quando 300 poliziotti e carabinieri, arrestano decine di mafiosi e li portano nelle carceri del nord Italia; nella stessa giornata viene arrestato anche Vito, ex-sindaco di Palermo e due cugini molto conosciuti, chiamati i Viceré.

Ninni fu ucciso il 6 agosto 1985 da 200 colpi di Kalashnikov e due giorni prima il commissario Bebbe.

Giovanni e Paolo vengono spostati in una prigione di massima sicurezza sull’isola dell’Asinara e l’8 novembre 1985 vengono depositati tutti i fogli e tutte le prove: 600.000 pagine che dicono che 474 uomini dovranno presentarsi in tribunale.

Papà e figlio arrivano in Piazza Vittorio Emanuele Orlando, dove c’è il Palazzo di Giustizia di Palermo.

7. Il Mostro è in Gabbia

Il piccolo Giovanni vede il palazzo di Giustizia, chiamato “il palazzaccio” o “U’ Palazzu”, dove Giovanni e la sua squadra hanno lavorato per sconfiggere il mostro.

In un’aula bunker allestita all’Ucciardone, il carcere di Palermo, chiamata anche l’astronave verde, l’11 febbraio del 1986 inizia il maxiprocesso a Cosa Nostra, dove 210 uomini d’onore, vengono messi in 30 gabbie per essere giudicati. Il processo durò 22 mesi e, dopo 36 giorni dalla sua fine, i giudici diedero la sentenza: il mostro fu condannato a 19 ergastoli e cioè 2665 anni di carcere + 11 miliardi e mezzo di multa da pagare. Una nuova speranza per Palermo.

10. Roma e la Supermacchina da Guerra

Il Mostro è ridotto male e Giovanni gli ha confiscato tanti soldi. Ma in questo momento si inizia a parlare male di Giovanni, che si esalta, che si da arie e che va al Maurizio Costanzo Show come un divo. Alcuni si lamentano che fa cattiva pubblicità a Palermo e una donna scrive al giornale di Sicilia, sostenendo che i servizi di sicurezza di Giovanni disturbano e mettono in pericolo i cittadini. Un gruppo di disoccupati sfila per le strade gridando “Mafia, mafia, mafia!”

Si rovina anche l’amicizia con il sindaco Leoluca, che inizia ad avere punti di vista diversi e accusa il pool antimafia di aver tenuto nel cassetto documenti importanti.

Quando Antonino si ritira, viene eletto un altro e non Giovanni che aveva tutte le carte in regola per ottenere il ruolo.

Nel giugno dell’89, Giovanni è nella sua villa all’Addaura ed un SUV lascia in una borsa 57 candelotti di dinamite che avrebbero potuto distruggere qualsiasi cosa nel raggio di 50 metri. Un agente della sicurezza riesce a salvare però la vita di Giovanni e Francesca, accorgendosi in tempo della borsa.

Giovanni, per ragioni di sicurezza, si sposta a Roma, al Ministero di Grazia e Giustizia, dove inizia a lavorare per il governo, aiutando chi deve fare le leggi contro la mafia. Questi sono mesi molto felici della sua vita, dove inizia a sentirsi più libero e al sicuro, frequentando amici e concedendosi più libertà.

8. La Collina del Maiale

A Roma Giovanni sta costruendo una macchina da guerra: la superprocura, una nuova squadra con più poteri e più armi per la partita definitiva; ma a Roma vogliono impedirgli di guidarla.

Il 23 Maggio 1992 (sabato), Giovanni Falcone lascia Roma e, insieme a Francesca e alla sua scorta, va a Palermo per vedere la famiglia. Sarebbe dovuto partire la sera prima, per riuscire a vedere la Mattanza di Favignana, un’antica tradizione in cui vengono pescati dei tonni per mezzo di reti lanciate da alcune barche.

Giovanni non sa però che Totò detto “u’ curtu” (Salvatore Riina), ha ordinato la sua eliminazione per fare guerra allo stato.

L’attentato, anche chiamato “attentatuni” (il grande attentato), è organizzato da 10 uomini che hanno inserito 5 quintali di tritolo all’interno di un cunicolo in prossimità dello svincolo per Capaci, un paese a 10 Km da Palermo.

Gli uomini avevano studiato l’attentato per lungo tempo, effettuando varie prove con una lampadina che si doveva accendere esattamente quando passava una macchina.

Alle 17.42 un mafioso vede Giovanni e Francesca uscire dall’aeroporto e avvisa un uomo appostato su una collina che presto passeranno per Capaci. L’uomo è u’ verru (il maiale), braccio destro di Totò.

Alle 17:56 l’uomo preme la levetta e, a causa della gigante esplosione, muoiono Giovanni, Francesca e 3 ragazzi della scorta. Si salvano Giuseppe e i poliziotti dell’auto blu che li seguivano da dietro.

Il papà mostra al piccolo Giovanni una foto su un vecchio giornale che mostra la strada distrutta e le macchine carbonizzate.

Il papà poi racconta che quello stesso giorno, stava nascendo il piccolo Giovanni e che lasciò di corsa il negozio per raggiungere l’ospedale. Era l’uomo più felice del mondo nel giorno più triste per Palermo.

Il bambino chiede: “Per questo mi chiamo Giovanni?” – “Si, per questo ti chiami Giovanni”.

9. Non si Vendono più Bambole

Papà e figlio lasciano Capaci e si dirigono verso l’aeroporto di Punta Raisi ed il primo continua a raccontare la storia:

Paolo Borsellino continuò il lavoro di Giovanni, ma solo per un paio di mesi; una domenica pomeriggio, infatti, mentre si recava dalla madre con 5 uomini della sua scorta, fu assassinato in Via D’Amelio, per mezzo di una 126 imbottita di tritolo.

Papà e figlio sono arrivati all’aeroporto e Giovanni legge il nome dell’aeroporto: Aeroporto Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Chi arriva a Palermo, spiega il papà, deve sapere che questa non è la città della mafia, ma di Giovanni e Paolo.

Durante i funerali di Giovanni Falcone, la chiesa di San Domenico è piena, ma le autorità non furono accolte bene, poiché non erano riuscite a garantire la sicurezza del magistrato.

Durante la messa parlò Rosaria, ragazza di 22 anni e moglie di uno dei ragazzi della scorta uccisi durante l’attentato. Durante il suo discorso proferì le parole che non furono mai dimenticate: “Uomini senza onore, avete perduto. Avete commesso l’errore più grande, perché tappando cinque bocche, ne avete aperte cinquanta milioni”.

In pochi mesi, grazie alle confessioni di Santino, uno degli organizzatori della strage, tutti gli autori furono arrestati, incluso Totò, il quale fu condannato a 12 ergastoli.

Il papà e Giovanni si recano ora all’ultima tappa del loro viaggio: Via Notarbartolo N 23, dove abitava Giovanni Falcone ed oggi c’è ancora il gabbiotto antiproiettile costruito per la sua sicurezza e un albero che cresce storto oltre il primo piano. L’albero, chiamato “albero Falcone“, è pieno di biglietti, fiori e omaggi per il magistrato assassinato.

Il papà spiega che prima dell’attentato lui stesso dava da mangiare al mostro: arrivavano nel suo negozio di giocattoli ogni ultimo venerdì del mese e dicevano “sono venuto a ritirare la bambola”. Lui gli dava un pacchetto con un fiocco giallo pieno di soldi. Per lui era normale farlo, perché lo faceva suo padre ed il padre di suo padre.

Il botto di Capaci l’aveva però svegliato e aveva deciso di non dare più da mangiare al mostro. Quando i due mafiosi tornarono, invece di consegnare i soldi come sempre, gli disse: qui non si vendono più bambole.

Di tutta risposta il mafioso gli rispose: “è un peccato, i bambini senza giocattoli diventano cattivi”. Prese un orsetto, gli tagliò la pancia, gli strappò un occhio e lo buttò sul bancone. “Pensaci bene, papà”, dissero uscendo in modo minaccioso.

Quando tornarono il mese dopo, furono arrestati dai poliziotti, che saltarono fuori a sorpresa. “Papà, hai fatto l’errore più grande della tua vita”.

Dopo appena 10 giorni, il papà ricevette una chiamata e fu avvertito che il suo negozio era stato fatto esplodere. Corse così sul posto, dove incontrò polizia, vigili e i pompieri che spegnevano l’incendio. Iniziò così a cercare disperatamente la moglie Lucia che, al contrario di quello che pensasse, non era all’interno del negozio, ma era seduta ad un tavolino del bar, in lacrime.

Davanti al negozio, per terra, c’era uno scimpanzé con i piedi bruciati, appena spento da un pompiere con una coperta.

Una volta tornati a casa, il padre dice al figlio che il giorno dopo avrebbe dovuto riconsegnare le lettere prese in prestito dalla signora Maria.

La sera, Giovanni parla con il suo scimpanzé e crede che quello che sia davvero successo è che lui abbia magicamente salvato la mamma dall’incendio.

10. A casa della signora Maria

Giovanni acquista una pianta e si reca a casa della signora Maria, la sorella di Giovanni Falcone. Quando arriva in casa, vede sul comò la celebre foto del magistrato che ride insieme a Paolo Borsellino. La signora Maria fa accomodare il bambino e gli offre una cassata siciliana.

Il bambino inizia così a farle molte domande, e lei gli racconta alcune curiosità sulla vita di Falcone e le conoscenze che aveva in America e con l’FBI. Lei era stata invitata in America per prender parte all’inaugurazione di una statua dedicata a Giovanni, che fu posizionata nell’accademia, in modo che tutti i giovani potessero vederla e pensare a lui.

La signora Maria regala a Giovanni un libretto intitolato “l’albero di Falcone“, con una raccolta di pensieri tratti dai biglietti attaccati all’albero di Via Notarbartolo e gli racconta dell’ “Associazione Giovanni e Francesca Falcone”, dove vengono conservati documenti e foto ed organizzate attività per le scuole.

11. L’albero delle Figurine

Il piccolo decide così di denunciare Tonio che in tutta risposta gli fa un occhio nero. Ora Giovanni sembra un panda. Ancora una volta, nessuno si è accorto di niente, tranne Simone che denuncia il fatto al preside, raccontando anche dei soldi estorti e del braccio rotto.

Il preside sospende Tonio, ma il giorno dopo riceve la visita dei suoi fratelli assetati di vendetta. I due vengono però denunciati alla polizia e ora sono a Malaspina, il carcere minorile di Palermo.

Ora Simone è diventato un caro amico di Giovanni, giocano insieme, vanno al mare a Mondello in bicicletta, giocano a calcio e a tennis.

I due ragazzi, fanno un giuramento con una figurina dei calciatori in fiamme e proferiscono le seguenti parole: possano bruciare le nostre carni come questo calciatore se un giorno tradiremo la giustizia e ci piegheremo davanti al carciofo”. Giovanni ha attaccato all’albero Falcone il suo album delle figurine, che forse grazie a Giovanni Falcone riuscirà a completare.

Giovanni e il suo scimpanzé Bum sono diventati inseparabili e forse un giorno racconterà al papà di come Bum salvò la mamma dall’esplosione nel negozio di giocattoli.


Personaggi

Per motivi di chiarezza ho diviso i personaggi in due gruppi:

  • Personaggi di finzione: quelli inventati da Luigi Garlando per raccontare la storia
  • Personaggi NON di finzione: quelli realmente esistiti e che hanno avuto un ruolo nella storia personale e lavorativa di Giovanni Falcone.
Personaggi FinzioneDescrizione
1GiovanniÈ un bambino che sta per compiere 10 anni ed è il protagonista della storia. Grazie alla storia di Giovanni Falcone raccontata dal padre, scoprirà quanto sia importante denunciare il crimine, a ogni costo e senza paura.
2PapàÈ il papà di Giovanni, che per mezzo della storia di Giovanni Falcone vuole spiegare al figlio cosa sia la mafia e quanto sia dannosa l’omertà.
3TonioÈ il bullo della classe che rompe un braccio a Simone ed estorce i soldi a Giovanni. Nel racconto rappresenta il crimine e la mafia.
4SimoneSimone è in classe di Giovanni. È molto coraggioso e non vuole sottostare alla legge del più forte.
5BumÈ lo scimpanzé peluche di Giovanni. Non è un vero e proprio personaggio, ma è comunque un elemento importante della storia. Giovanni pensa che sia vivo e che abbia salvato la mamma dall’attentato al negozio.
6Maestra e PresideNel racconto, rappresentano le autorità, nelle quali bisogna avere fiducia.
7Zia NucciaÈ la zia di Giovanni, con una grande passione per le piante
8MariaMaria è la sorella di Giovanni Falcone; il personaggio è realmente esistente, ma nell’11° capitolo è stata inserita nella storia di finzione ed interagisce con il piccolo Giovanni.
9LuisaÈ la mamma di Giovanni, non ha un ruolo importante nel racconto.
10ValentinaÈ una ragazza molto carina che lavora al chiosco del fioraio; è un personaggio del tutto marginale e non viene citata nei riassunti presenti in questa pagina.
Personaggi NON FINZIONEDescrizione
1Giovanni FalconeÈ il vero protagonista della storia ed è Il magistrato che nel ’92 riuscì a condannare all’ergastolo moltissimi mafiosi. Nello stesso anno è stato assassinato nell’attento di Capaci, organizzato da Totò Riina.
2Maria FalconeÈ la sorella di Giovanni Falcone e fondatrice dell’associazione Giovanni e Francesca Falcone. Dal 1992 è un’attivista antimafia.
3. Sorella AnnaÈ la sorella di Falcone, di 9 anni più grande. Nella storia viene solo citata
4.LuisaMadre di Giovanni Falcone. Era una mamma severa che ha insegnato a Giovanni come sia importante fare il proprio dovere e non piangere
5.ArturoÈ il papà di Giovanni Falcone; era un dottore
6. SalvatoreZio di Giovanni da parte della madre – era un bersagliere e morì durante la prima guerra mondiale
7.GiovanniZio di Giovanni da parte della madre – Era un aviatore e morì durante un duello in cielo.
8RitaPrima moglie di Giovanni Falcone; la lasciò per non mettere in rischio la sua vita.
9GiuseppeFiglio di Santino, il mafioso pentito che partecipò alla strage di Capaci. Fu rapito, ucciso e sciolto nell’acido da u’verru, il maiale (G. Brusca).
10SantinoMafioso che prese parte all’organizzazione della strage di Capaci. Poco dopo si pentì e diventò un collaboratore di giustizia. La mafia uccise il figlio Giuseppe.
11RoccoMagistrato che lavorò con G. Falcone – Fu ucciso dalla mafia nel luglio dell’83.
12MicheleGrande Capo di Cosa Nostra – viveva come un pascià in un hotel a New York
13RosarioFa parte della famiglia di Michele – Costruisce case e i suoi lavori sono ottenuti corrompendo i potenti
14Generale Carlo AlbertoPrefetto antimafia – fu assassinato dopo solo 100 giorni dall’inizio del suo mandato
15FrancescaMagistrato e moglie di Giovanni Falcone – Morì nella strage di Capaci
16AntoninoMagistrato – prese il posto di Rocco dopo la sua morte – Era nel pool antimafia
17Sindaco LeolucaInizialmente è dalla parte di Giovanni ed in segreto lo sposa in comune con Francesca. Dopo il Maxiprocesso (’86), prende le distanze da lui e accusa il pool antimafia di aver insabbiato delle prove
18Don MasinoBoss Mafioso della famiglia di Porta Nuova – Una volta anziano si ritira nella sua villa in Brasile. Fornirà a Giovanni Falcone informazioni importanti che porteranno all’arresto e alla condanna di moltissimi mafiosi
18Paolo BorsellinoÈ il magistrato italiano che lavorò nel pool antimafia insieme a Giovanni Falcone. Fu ucciso dalla mafia nella strage di Via D’Amelio il 19 luglio 1992.
10TotòIl suo nome è Salvatore Riina, chiamato u’ curtu (il corto, perché di bassa statura). Mafioso della famiglia dei corleonesi, è stato il mandante della strage di Capaci.
11U’ Verru – Il MaialeIl suo nome è Giuseppe Brusca. Era il braccio destro di Totò Riina. Imprigionò e uccise il piccolo Giuseppe (figlio di Santino) e fu l’uomo che fece esplodere il tritolo nella strage di Capaci.
12RosariaIl suo nome è Rosaria Costa Schifani. Era la moglie di uno degli agenti di scorta morti durante la stage di Capaci. Le sue parole durante i funerali di G. Falcone sono rimaste nella storia: «Io vi offro il mio perdono, ma vi dovete mettere in ginocchio”

Luoghi e Ambientazioni

LuogoDescrizione
1PalermoÈ il capoluogo della Sicilia e dove si svolge sia la storia di finzione che gran parte della vita e il lavoro di Giovanni Falcone.
2Negozio di Giocattoli di Via della LibertàÈ il negozio dove lavora il papà del piccolo Giovanni e dove i due mafiosi si presentano ogni ultimo venerdì del mese per chiedere il pizzo. Finirà in fiamme a seguito del rifiuto dell’uomo a pagare.
3Via Castrofilippo 1, PalermoLa casa dove nacque Giovanni Falcone; oggi c’è un sasso bianco con una scritta “con gratitudine e riconoscenza. Qui nacque Giovanni Falcone, 18 maggio 1939”.
4Convitto Nazionale, Piazza SettangeliLa scuola che frequentò Giovanni Falcone
5Sferracavallo Frazione di Palermo in cui Giovanni Falcone aveva una villa vicino al mare
6CorleoneComune italiano della città di Palermo. Qui Giovanni Falcone andò a vivere con la famiglia per scappare dai bombardamenti. È anche il paese che ha dato i natali a molti mafiosi tra cui Salvatore Riina
7MondelloFrazione marinara e località turistica di Palermo in cui Giovanni Falcone amava andare al mare. Nella storia di finzione, il papà porta Giovanni al mare per fare un bagno e raccontargli la storia.
8Via di Notarbartolo 23Qui ha vissuto G. Falcone per molti degli anni in cui svolse il ruolo di magistrato. Oggi c’è ancora il gabbiotto antiproiettile costruito appositamente per lui ed il celebre albero Falcone, sul quale dal 1992 le persone possono lasciare dei biglietti e dei pensieri di affetto e gratitudine per il magistrato.
9Palazzo di Giustizia di PalermoSi trova in piazza Vittorio Emanuele Orlando. È una delle tappe del tour organizzato dal papà del piccolo Giovanni (nella storia di finzione). È qui che per molti anni Giovanni svolgerà il suo lavoro.
10Carcere dell’UcciardoneAntico penitenziario situato al centro di Palermo. Qui, nel 1985, in occasione del maxiprocesso a Cosa Nostra, venne costruita un’aula bunker, in grado di accogliere un numero così elevato di imputati.
11Ministero Grazia e Giustizia – RomaDopo il Maxiprocesso, Falcone si trasferì a Roma, al Ministero di Grazia e Giustizia, dove iniziò a lavorare alla superprocura.
12CapaciComune italiano situato a 18 Km da Palermo. Sull’autostrada e vicino allo svincolo per Capaci, G. Falcone, sua moglie Francesca e alcuni agenti della scorta, persero la vita a causa di un attentato ordinato da Totò Riina (23 Maggio 1992)
13Aeroporto di Punta RaisiIl papà e il figlio, a fine racconto, si dirigono a questo aeroporto, che oggi si chiama Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Per Concludere..

Spero che questa pagina vi abbia aiutato a scoprire e studiare ancora meglio questa importantissima storia. Per segnalare eventuali imprecisioni, mi potete inviare un messaggio per mezzo della pagina contatti! Alla prossima.


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