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Il Libro della Giungla di Kipling | Riassunto e Personaggi

Copertina con Il libro della giungla di Kipling

Reso popolare dai numerosi adattamenti cinematografici, Il libro della giungla è una raccolta di storie scritte da Rudyard Kipling nel 1894.

Sin dalle prime pagine del libro verrete catapultati in un’atmosfera tanto magica quanto aliena: quella della giungla selvaggia, con la sua foresta impenetrabile, ricca di vegetazione e animali feroci.

In questo articolo troverete il riassunto breve e per capitoli di tutte e cinque le storie, oltre che l’analisi dei personaggi del primo racconto. Buona lettura!

Scheda editoriale

TitoloIl libro della giungla
AutoreRudyard Kipling
GenereRaccolta di storie
Prima pubblicazione1894
IllustrazioniNo
Età consigliata7 anni (guarda altri libri per bambini di 7 anni)
Numero di pagine160 circa
Prezzo su Amazon aggiornato (versione economica oppure da collezione)4,65 EUR e 28,40 EUR
Voto8

Ultimo aggiornamento il 2024-03-26 / In qualità di Affiliato Amazon, ricevo una piccola commissione per ciascun acquisto idoneo.

Ultimo aggiornamento il 2024-03-27 / In qualità di Affiliato Amazon, ricevo una piccola commissione per ciascun acquisto idoneo.


Riassunto breve

Prima storia. “I fratelli di Mowgli”

Papà Lupo è pronto per la sua battuta di caccia giornaliera, quando all’improvviso un cucciolo di uomo spunta tra i cespugli. Mamma Lupa decide di accudirlo come fosse uno dei suoi cuccioli e, insieme a Papà Lupo, lo presentano al Consiglio del branco. Qui non tutti sono d’accordo sul permettere l’entrata di un umano nel branco, ma grazie all’appoggio di Baloo e Bagheera, Mowgli viene accettato. La temibile tigre Shere Khan, però, fa di tutto per mettere i bastoni tra le ruote a Mowgli, tanto che quest’ultimo si vede costretto ad abbandonare il branco e a tornare tra gli uomini. Alla fine, grazie all’aiuto dei suoi fratelli lupi e di una mandria di buoi, Mowgli riesce ad escogitare un piano e ad uccidere Shere Khan.

Seconda storia. “La foca bianca”

Kotick, il figlio di Sea-Catch e Matkah, è una foca decisamente particolare: ha gli occhi azzurri e il pelo bianco. La sua infanzia passa spensierata, fino a quando si rende conto che molte delle foche che vivono su quell’isola vengono prese e portate al macello da alcuni uomini bianchi. Così parte alla ricerca di un’isola incontaminata, dove le foche possano vivere e riprodursi senza la paura che gli uomini le uccidano. Kotick inizia un lungo viaggio che lo porterà ad incontrare diversi personaggi, tra i quali le vacche marine, che avranno un ruolo decisivo nell’aiutarlo nella sua impresa.

Terza storia. “Rikki-Tikki-Tavi”

Rikki-Tikki-Tavi è una mangusta dal pelo simile ad un gatto e le abitudini di una faina. Un giorno, viene spazzato via dalla sua tana a causa di un forte acquazzone e, svenuto, va a finire in un fosso lungo la strada. Una volta svegliatosi, si ritrova nel bel mezzo di un viale in un giardino. I proprietari della casa, due genitori e un bambino, si accorgono di lui e decidono di prendersene cura. Essendo un animale molto curioso, Rikki-Tikki decide di ispezionare il giardino e si rende conto che al suo interno ci vivono due temibili cobra, Nag e Nagaina. Questi ultimi sono decisi ad uccidere tutti i componenti della famiglia, ma Rikki-Tikki riesce a fermarli ed ucciderli, salvando la vita agli umani che si erano presi cura di lui.

Quarta storia. “Toomai degli elefanti”

Kala Nag, che significa Serpente Nero, è un elefante che ha servito il Governo Indiano per quarantasette anni. Dopo aver vissuto ogni genere di avventura, viene mandato ad aiutare a cacciare gli elefanti selvatici fra le Colline di Garo. Il suo conducente è il grande Toomai, ma anche suo figlio, il piccolo Toomai, riesce a farsi obbedire da lui senza problemi. Il piccolo Toomai è un bambino molto intelligente e coraggioso e un giorno, durante una battuta di caccia, scende dall’elefante per aiutare un cacciatore a catturare un elefante. Questo gesto viene reputato sconsiderato da parte di suo padre perché il bambino poteva rischiare di essere calpestato. La voce del suo coraggio, però, giunge fino a Petersen Sahib, l’uomo che dirige tutte le operazioni della Keddah (la caccia degli elefanti). Il bambino, in seguito, riesce a stupire ancora una volta tutti quanti perché riesce ad assistere alla cosiddetta Danza degli Elefanti, un evento raro del quale pochi uomini sono stati testimoni.

Vai al riassunto della Quinta storia. “Al servizio della regina”


Riassunto per capitoli

Capitolo 1. I fratelli di Mowgli

Papà Lupo è pronto per mettersi a caccia, ma improvvisamente viene a fargli visita lo sciacallo Tabaqui. Quest’ultimo è disprezzato dai lupi dell’India perché è sempre in giro a fare danni e raccontare bugie.

Tabaqui informa Papà Lupo che Shere Khan, una tigre spietata e senza scrupoli, ha cambiato territorio di caccia e che ha intenzione di cacciare proprio sulle colline dove dimora Papà Lupo e la sua famiglia.

Papà Lupo risponde che non ne ha nessun diritto perché non può cambiare territorio senza il dovuto preavviso. Shere Khan non rispetta le leggi della giungla e di tanto in tanto aggredisce anche gli uomini.

La legge della giungla proibisce a tutti gli animali di mangiare l’uomo, a meno che non serva per insegnare ai loro figli come si fa. In quel caso sono tenuti a cacciare fuori dal territorio del branco o della tribù perché all’uccisione dell’uomo segue, prima o poi, l’arrivo di altri uomini armati di fucile. La spiegazione che ne danno gli animali è che essendo l’Uomo il più debole e indifeso di tutti gli esseri viventi, non è leale per un vero cacciatore attaccarlo.

Tutto d’un tratto, Papà Lupo sente un leggero fruscio tra i cespugli e pensando che Shere Khan sia arrivato, si prepara ad attaccare, ma si deve presto fermare: quello che ha di fronte è un cucciolo d’uomo! Un bambino tutto nudo, bruno e che a malapena sa stare in piedi.

Il cucciolo d’uomo entra nella tana e si dirige proprio verso Mamma Lupa, mettendosi a riparo dal freddo. Tutto d’un tratto, Shere Khan infila la sua grossa testa nella tana dicendo che il piccolo d’uomo è una sua preda e che deve essere riconsegnato indietro. Mamma e Papà Lupo ovviamente non acconsentono e Shere Khan è costretto a rinunciare alla sua preda, almeno per il momento.

Mamma Lupa è decisa a tenere il cucciolo d’uomo e mostrarlo al resto del branco. Lo chiama Mowgli, che significa piccolo ranocchio.

Secondo la legge della giungla, quando i lupacchiotti sono cresciuti abbastanza da reggersi sulle zampe devono essere mostrati al Consiglio del Branco, così che gli altri possano conoscerli. Dopo questa ispezione i lupacchiotti sono liberi di correre dove vogliono, e finché non uccidono il loro primo daino, nessno di loro può essere ammazzato da un lupo adulto del branco.

A guidare il Consiglio del Branco è Akela. Durante il consiglio, Shere Khan cerca in tutti i modi di far sì che il cucciolo d’uomo non venga accettato, ma la legge della giungla stabilisce che quando nasce qualche controversia sul diritto che un cucciolo ha di essere accolto nel branco, almeno due membri, che non siano i suoi genitori, devono prendere la parola in suo favore.

A schierarsi dalla sua parte sono l’orso Baloo e la pantera Bagheera, che offre ai lupi un toro in cambio dell’accoglienza del cucciolo d’uomo. Così Mowgli viene accolto nel branco.

La vita di Mowgli nella giungla procede spensierata e felice per molti anni. Shere Khan, dal canto suo, però, non ha mai smesso di desiderare di ucciderlo e fa di tutto per guadagnare consenso tra i lupi più giovani.

Bagheera consiglia a Mowgli di procurarsi il Fiore Rosso, ovvero del fuoco, l’unica arma con cui potrebbe battere Shere Khan. Akela è sempre più vecchio e debole e molto probabilmente verrà sostituito presto.

Una sera, Tabaqui informa Mowgli che è richiesto al consiglio: Akela rishia di essere destituito e ucciso. Mowgli, grazie al fuoco, riesce a spaventare Shere Khan e i lupi che lo appoggiano, ma per proteggere i suoi amici, decide che è meglio abbandonare la giungla e tornare tra i suoi simili, gli uomini.

Mowgli saluta Mamma Lupa in un bagno di lacrime e promette di tornare a trovarli una volta diventato uomo.

Capitolo 2. La caccia di Kaa

Tutto quello che viene raccontato nel secondo capitolo accade qualche tempo prima che Mowgli lasci il branco dei Lupi di Seeonee.

Baloo è incaricato di istruire Mowgli e fa di tutto per far sì che impari tutte le Parole Maestre della giungla, così che possa diventare indipendente e comunicare con qualunque animale.

Baloo è un maestro piuttosto esigente e severo e quando il comportamento di Mowgli non lo soddisfa è pronto a punirlo con botte e punizioni.

Dopo l’ennesima ramanzina, Mowgli arrabbiato, decide di fuggire via. Al suo ritorno, però, Baloo è più arrabbiato di prima perché scopre che Mowgli ha passato del tempo con le scimmie. Mowgli si scusa dicendo che in fin dei conti sono simpatiche e gli hanno promesso che un giorno lui diventerà il loro capo.

Baloo e Baghera gli dicono di diffidare di loro: esse sono fuori da ogni legge, non hanno una lingua loro, né un capo o memoria. Sono vanitose e pettegole e basta una noce che cade per farle ridere e dimenticare tutto il resto. Le scimmie vengono chiamate i Bandar-log e Mowgli si convince a stare loro lontano.

Nel frattempo, a una delle scimmie viene un’idea geniale: dice a tutti gli altri che Mowgli potrebbe essere davvero utile da tenere nella loro tribù perché sa intrecciare i ramoscelli e farne dei ripari contro il vento. Così, tutte d’accordo, le scimmie decidono di rapire Mowgli.

Rann il Nibbio è testimone del rapimento e Mowgli dice lui di allertare Baloo e Baghera. Questi ultimi, non essendo in grado di combattere da soli contro delle scimmie, mettono il loro orgoglio da parte e vanno a chiedere aiuto a Kaa, un Pitone Rupestre. È l’unico che può farle fuori senza troppa difficoltà: nessuna scimmia era mai uscita viva dalla sua stretta.

Rann il Nibbio incontra Baloo e Baghera e li informa che le scimmie hanno portato Mowgli al di là del fiume alle Tane Fredde, vicino la Città Perduta.

Una volta arrivati, la battaglia ha inizio e le scimmie vengono sconfitte solo grazie all’aiuto di Kaa. Quest’ultimo, alla fine, con la Danza della Fame, cerca di ipnotizzare tutti, ma per fortuna Mowgli riesce a risvegliare Baloo e Bagheera, con i quali scappa via al sicuro.

Capitolo 3. La tigre! La tigre!

Il terzo capitolo si riallaccia al primo racconto.

Mowgli, cacciato dal branco, decide di tornare tra gli uomini. Una volta arrivato al villaggio, la reazione degli abitanti è di stupore e paura.

Una donna, Messua, lo scambia per suo figlio, che tempo prima era stato rapito dalla tigre. Decide di prendersene cura e accoglierlo in casa sua.

La prima notte Mowgli non vuole dormire chiuso sotto la capanna e decide di uscire fuori e distendersi in mezzo all’erba. All’improvviso, un muso grigio e morbido si strofina sotto il suo mento: è suo fratello Bigio, il maggiore dei cuccioli di Mamma Lupa.

Fratello Bigio dice a Mowgli che Shere Khan è andato a cacciare lontano finché non gli ricrescerà il pelo e ha giurato che quando ritornerà lo ucciderà.

Così, per tre mesi da quella notte, Mogli si dedica a imparare usi e costumi degli uomini: i vestiti, il valore del denaro, il lavoro nei campi, ecc.

Una sera, decide di unirsi a un gruppetto di persone che si riuniva tutte le sere sotto un grande albero di fico per raccontarsi storie fantastiche di dèi, uomini e fantasmi. Il vecchio cacciatore Buldeo inizia a raccontare storie ancora più straordinarie sulle abitudini delle belve nella giungla, ma visto che non c’è ombra di verità nelle sue parole, Mowgli decide di abbandonare la riunione.

Un giorno, mentre Mowgli è intento a pascolare il bestiame, Fratello Bigio gli fa visita. Lo informa che Shere Khan è andato via di nuovo perché la selvaggina scarseggia, ma ha ancora intenzione di ammazzarlo.

Mowgli dice a suo fratello che quando la tigre è tornata, lui insieme agli altri fratelli dovranno aspettarlo nel burrone. Tramite la iena Tabaqui, Mowgli viene a sapere che la tigre si è nascosta proprio lì. Così, con l’aiuto della sua gigante mandria di bufali e la saggezza di Akela, Mowgli riesce ad uccidere Shere Khan.

Subito dopo il combattimento, mentre Mowgli è intento a scuoiare la tigre, viene sorpreso dal vecchio cacciatore Buldeo che si vuole impossessare del corpo, sul quale era stata messa una taglia. Mowgli dice ad Akela di cacciare via quest’uomo e lui, impaurito dal lupo e sorpreso dal fatto che il ragazzo riesca a parlare con gli animali, scappa via.

Quando Mowgli tenta di ritornare al villaggio, però, è accolto in malo modo: Buldeo aveva raccontato a tutti quello che era successo e agli occhi degli abitanti del villaggio il ragazzo non era che uno stregone. Così viene cacciato anche dal villaggio.

Dopo aver consegnato la pelle di Shere Khan alla Rupe del Consiglio ed aver mostrato agli altri lupi che Shere Khan era morto, a Mowgli non resta che andare via e cominciare una nuova vita da solo nella giungla. Non rimane, però, sempre solo perché qualche anno dopo diventa uomo e si sposa.

Capitolo 4. La foca bianca

Il quarto racconto si svolge a Novastoshnah, o Punta Nord Est, nell’isola di San Paolo, nel mare di Bering.

A Novastoshnah, la sola gente che abbia sempre da fare sono le foche. Le foche arrivano qui dal mare nei mesi estivi e passano il tempo a battagliare per conquistarsi un posticino sugli scogli per allevare i loro piccoli.

Kotick, il figlio di Sea-Catch e Matkah era nato in mezzo a questa confusione: aveva gli occhi di un azzurro chiaro e limpido e, cosa strana, aveva la pelle bianca.

Verso la fine di ottobre le foche cominciano a lasciare l’isola di San Paolo per l’alto mare e, prima di partire, Matkah dice a Kotick che l’anno seguente sarebbe diventato un “holluschickie” (celibe) e avrebbe anche lui ballato la Danza del Fuoco con le foche di un anno.

Nel Pacifico, Matkah insegna a Kotick tutti i segreti del mare, per esempio come dormire supino sul dorso oppure come capire che una burrasca si sta avvicinando.

Un giorno, mentre i holluschickie si rotolano su e giù in mezzo al frumento selvatico, due uomini dai capelli neri e le facce schiacciate si avvicinano al gruppo di foche. Uno è Kerick Booterin, il capo dei cacciatori di foche dell’isola, l’altro Patalamon, suo figlio.

Non apppena Kerick Booterin vede la foca bianca, intima a suo figlio di lasciarla andare, perché potrebbe trattarsi dello spirito del vecchio Zaharrof. Così, Patalamon comincia a sbattere insieme due ossi di foca davanti al branco e le foche iniziano a seguirlo. Kotick si incuriosisce e decide di seguirli per capire dove stanno andando.

Una volta arrivati a destinazione, Kotick si rende conto di trovarsi davanti a un macello e decide di tornare indietro scappando via. Sulla via del ritorno incontra un leone marino e gli racconta quello che ha visto: il leone non sembra particolarmente sorpreso e gli risponde che se le foche tornano tutti gli anni nello stesso posto, è ovvio che gli uomini prima o poi lo debbano venire a sapere. A questo punto Kotick gli chiede se esiste un’isola dove gli uomini non siano ancora arrivati e lui gli risponde di rivolgersi a Sea-Vitch, un enorme tricheco.

Kotick, allora, raggiunge il tricheco e lui di tutta risposta gli dice di andare a chiederlo alle vacche marine. Nessuno ha interesse e fiducia nella sua missione e così decide di esplorare da solo il Pacifico da nord a sud, nuotando fino a trecento miglia fra giorno e notte. Durante il suo lungo viaggio rischia di essere acchiappato da un Pescecane, da uno Squalo e da un Pesce Martello. Le ricerche vanno avanti per cinque stagioni, con un riposo di quattro mesi all’anno a Novastoshna, dove i “holluschickie” si fanno beffe di lui e delle sue isole immaginarie.

Un giorno, incontra una foca vecchissima alla quale racconta la sua avventura e che le consiglia di non gettare la spugna. La foca gli confessa che è l’ultima della Colonia Perduta di Masafuera, e che, sin dalla sua giovinezza, gira una leggenda secondo la quale un giorno una foca bianca sarebbe venuta dal nord e avrebbe guidato il popolo delle foche ad un rifugio sicuro. Quella foca bianca deve essere Kotick.

Questa notizia lo riconforta e decide di dirigersi verso ponente. Qui incontra degli enormi animali che non parlano. D’un tratto, si ricorda di quello che gli era stato detto sul conto delle vacche marine e capisce di essere proprio di fronte a loro. Decide di seguirle verso il settentrione e dopo un lungo ed estenuante viaggio, si ritrova insieme a loro di fronte una delle più belle spiagge mai viste prima. La spiaggia poteva essere il rifugio perfetto per le foche perché grazie alla presenza di ripidi scogli e bassifondi marini, non era in alcun modo accessibile agli uomini. Kotick ha trovato quello che cercava.

Dopo sei giorni per ritornare in patria, quasi nessuno gli crede e viene accusato di essere andato via a vagabondare fra i mari invece di rimanere nel branco a combattere. Così, Kotick decide di mostrare la sua vera forza e aggredisce due foche. Il resto del branco, spaventato, inizia ad avere più rispetto nei suo confronti e acconsente a seguirlo sulla nuova isola.

Capitolo 5. Rikki-Tikki-Tavi

Rikki-Tikki-Tavi è una mangusta dal pelo simile ad un gatto e le abitudini di una faina.

Un giorno, viene spazzato via dalla sua tana a causa di un forte acquazzone e, svenuto, va a finire in un fosso lungo la strada. Una volta svegliatosi, si ritrova nel bel mezzo di un viale in un giardino.

I proprietari della casa, due genitori e un bambino, si accorgono di lui e decidono di prendersene cura, anche se hanno paura di spaventarlo. Spaventare una mangusta, però, è la cosa più difficile del mondo, dal momento che sono curiosissime. Il motto di tutte le manguste è “corri e scopri” e Rikki-Tikki-Tavi è una vera mangusta.

Incuriosito dal nuovo ambiente, Rikki-Tikki-Tavi sbricia in ogni angolo della casa, per poi decidere di dare un’occhiata anche al giardino. Qui viene sorpreso da alcune voci lamentevoli che sembrano venire fuori da un cespuglio.

Le voci sono quelle di Darzee, l’uccello sarto e sua moglie. I due uccelli spiegano a Rikki-Tikki di essere infelici poiché, il giorno prima, uno dei loro cuccioli è caduto dal nido ed è stato divorato dal serpente Nag, un grosso cobra nero.

Mentre i tre sono impegnati nella discussione, tutt’un tratto si sente un sibilo lieve venire fuori dall’erba folta, un suono terribile da far gelare il sangue: è proprio Nag che è venuto a dare il benvenuto Rikki-Tikki.

Dopo un iniziale attimo di sgomento, Rikki-Tikki torna in sé e pensa a quando, da piccolo, sua madre gli faceva mangiare serpenti morti. Benché non ne abbia mai incontrato uno vivo, è consapevole che il compito della mangusta adulta nella vita consiste nel dare la caccia ai serpenti e nel divorarli. Anche Nag il serpente lo sa, e in fondo in fondo ha un po’ di paura.

Nag tenta di aggredirlo e così fa anche la sua perfida moglie, Nagaina, ma, Rikki-Tikki, nonostante sia ancora inesperto, riesce a difendersi bene e mette in fuga i due. Impensierito, corre fino al viale di ghiaia della casa e si accoccola per riflettere sul da farsi.

Proprio mentre è intento a riflettere, vede Teddy avvicinarsi e qualcosa contorcersi lievemente nella polvere: è Karait, un serpentello color terra, che di solito sosta in mezzo alla polvere. In men che non si dica, Rikki-Tikki salta sul dorso del serpente, affondando il suo muso con i denti aguzzi. Teddy è salvo.

Una notte, Rikki-Tikki sente Nag e Nagaina bisbigliare al chiaro di luna: stanno escogitando un piano per uccidere la famiglia che lo ospita, convinti che una volta fatti fuori gli umani, anche lui andrà via per sempre.

Nag decide allora di intrufolarsi in casa e aspettare la mattina seguente per attaccare prima l’uomo, poi il figlio e la donna. Si addormenta, ma Rikki-Tikki è ancora lì ad osservarlo e decide di agire mordendogli la testa. La battaglia con il cobra è davvero dura: Rikki-Tikki viene sbatacchiato a destra e a manca, ma niente è in grado di fargli mollare la presa. Al mattino seguente, la famiglia si rende conto che Rikki-Tikki ha di nuovo salvato loro la vita.

Dopo aver ucciso il serpente Nag, Rikki-Tikki deve trovare il modo di far fuori anche Nagaina e le uova. Così, chiede alla moglie dell’uccello Darzee di aiutarlo nell’impresa, distraendo Nagaina e facendo finta di avere un’ala rotta. In questo modo riesce a rompere tutte le uova, tenendone una intera da usare come ricatto. All’improvviso, però, la moglie di Darzee torna da Rikki-Tikki dicendo che Nagaina è entrata in casa e che ha intenzione di uccidere i tre umani.

Rikki-Tikki prende la situazione in mano e cerca subito di distrarre la terribile Nagaina facendole vedere che solo una delle sue uova è ancora intatta. Il piano ha l’effetto sperato perché il serpente perde interesse nei confronti degli umani e cerca in tutti i modi di riavere il suo uovo.

Dopo una lunga azzuffata, grazie all’aiuto della moglie di Darzee, Rikki-Tikki riesce a battere anche Nagaina, liberando definitivamente la famiglia dalla minaccia dei serpenti. Darzee racconta l’accaduto al Calderaio, un uccello che è il banditore pubblico di ogni giardino indiano e dà tutte le notizie a chi le vuole sentire.

Venuti a sapere la notizia, tutti gli uccelli del giardino cominciano a cantare e le rane a gracidare. Nonostante la vittoria, Rikki-Tikki rimane con i piedi per terra e continua a difendere il suo giardino come una vera mangusta.

Capitolo 6. Toomai degli elefanti

Kala Nag, che significa Serpente Nero, è un elefante che ha servito il Governo Indiano per quarantasette anni.

Sua madre, che era stata catturata nella stessa battuta con Kala Nag, gli aveva detto che agli elefanti che hanno paura capita sempre del male. Così, prima di compiere venticinque anni, Kala Nag rinuncia alla paura, diventando l’elefante più amato e meglio custodito al servizio del Governo indiano.

Dopo aver affrontato tante avventure diverse, Kala Nag viene mandato ad aiutare a cacciare gli elefanti selvatici fra le Colline di Garo. La caccia degli elefanti è riservata al Governo Indiano, che la vieta severamente ad altri. C’è un intero dipartimento incaricato di dare la caccia agli elefanti, di catturarli, domarli e mandarli su e giù per il paese dove si lavora e c’è bisogno del loro aiuto.

Il conducente di Kala Nag è il grande Toomai e non c’è niente che Serpente Nero tema all’infuori di lui. Anche il piccolo Toomai, suo figlio, è in grado di farsi obbedire molto bene.

Al piccolo Toomai piace arrampicarsi per i sentieri stretti e difficili che soltanto un elefante può seguire, ma, per lui, il vero divertimento viene quando, nel bel mezzo di una battuta, si cominciano a far uscire gli elefanti dalla Keddah, cioè dalla palizzata, perché sembra la fine del mondo sia arrivata.

Una notte, però, nel bel mezzo di una battuta, il piccolo Toomai si lascia scivolare giù da un palo, buttandosi tra gli elefanti, e il padre lo rimprovera perché in questo modo potrebbe farsi calpestare e morire. Il suo coraggio, però, non passa inosservato e la voce giunge fino a Petersen Sahib, un uomo bianco che dirige tutte le operazioni della Keddah.

Un giorno, il piccolo Toomai incontra Petersen Sahib. Quest’ultimo gli fa i complimenti per il coraggio dimostrato e gli dà del denaro come ricompensa, ma gli ricorda che le Keddah non sono posti adatti per i giochi dei bambini e che è meglio che lui ci ritorni solo quando avrà visto danzare gli elefanti. La discussione viene seguita da uno scoppio di risa, perché fra i cacciatori quel modo di dire significa semplicemente “mai”.

Una notte il piccolo Tomai sta per addormentarsi quando sente la fune spezzarsi e vede Kala Nag staccarsi dai picchetti lentamente e silenziosamente. Il piccolo Toomai lo segue e gli chiede di portarlo con lui. L’elefante accetta e abbassando la proboscide, lo carica sul dorso, addentrandosi nella foresta.

L’elefante sale su per la collina, ma anche se il piccolo Toomai osserva le stelle attraverso le radure degli alberi, non riesce a capire verso quale direzione. Una volta giunto alla sommità della salita, Kala Nag si ferma un attimo e il piccolo Toomai si sporge in avanti a guardare, e sente che la foresta è animata e affollata: pipistrelli, porcospini, cinghiali…

Kala Nag ricomincia a discendere verso la valle, non lentamente questa volta ma proprio come un cannone. Il piccolo Toomai inizia a sentire altri tonfi e barriti sia a monte che a valle e si rende conto che anche altri elefanti sono fuori questa notte.

Ad un certo punto, finalmente, l’elefante si ferma in una spianata irregolare di tre o quattro acri. Il piccolo Toomai si guarda intorno trattenendo il respiro e sgranando gli occhi: altri elefanti, sempre più numerosi, balzano fuori dalla macchia verde.

Gli elefanti stanno uno davanti all’altro, camminano avanti e indietro a coppie, si dondolano da soli. Ad un certo punto arriva anche l’elefante di Petersen Sahib, Pudmini, con la catena spezzata attaccata al piede. Gli elefanti cominciano a parlare nella loro lingua e a girare intorno. Ad un certo punto, Kala Nag alza uno dei piedi e poi l’altro, lasciandoli ricadere sul terreno: uno due, uno due, uno due. Gli elefanti cominciano a saltare tutti insieme e quel calpestio di centinaia di zampe pesanti sulla nuda terra è come un’immensa vibrazione profonda. La danza continua per circa due ore fino a quando il rombo si ferma al primo raggio di sole, come se la luce fosse stata un ordine.

Il piccolo Toomai è esausto e non riesce quasi più a reggersi, ma con la luce dell’alba si rende conto che la radura si è allargata durante la notte. Gli elefanti avevano allargato lo spazio calpestando la jungla e avano pestato l’erba folta e le canne fino a ridurle in poltiglia.

Toomai dice a Kala Nag di seguire Pudmini e andare al campo di Petersen Sahib. Qui, il bambino racconta a Petersen Sahib di aver visto la Danza degli elefanti e che quello che era nato come una semplice battuta, è divenuto realtà. Il piccolo Toomai giura di stare dicendo la verità, ma aggiunge anche che è molto facile verificare le sue parole: basta dare un’occhiata alla radura oppure alle innumerevoli tracce di sentieri lasciate dagli elefanti che portano proprio alla sala da ballo.

Petersen Sahib, insieme a Machua Appa, decidono di andare a verificare se le parole del bambino sono vere e con incredulità sono costretti ad ammettere di sì.

Al loro ritorno, viene organizzata una grande festa e il piccolo Toomai diventa quasi un eroe: Machua Appa lo solleva in alto sopra la sua testa dicendo che da quel momento in poi il suo nome sarebbe stato Toomai degli Elefanti perché egli gode del favore della jungla e del popolo degli elefanti. Tutti gli elefanti alzano le proboscidi e danno il via ad un fragoroso saluto di barriti. Tutto in onore del piccolo Toomai che aveva visto quello che nessun uomo aveva visto mai: la danza degli elefanti, di notte, solo e nel cuore delle Colline di Garo.

Capitolo 7. Al servizio della regina

Tremila uomini e animali sono riuniti in un accampamento a Rawal Pindi, dove l’emiro dell’Afganistan sta per visitare il Viceré d’India. La storia viene narrata da uno dei soldati.

Quasi ogni notte, un branco di cavalli selvaggi portati dall’Afganistan rompe le pastoie e fugge su e giù per l’accampamento, nel fango e nel buio. Una notte, un soldato, allertato da un suo compagno, si sveglia di soprassalto e scappa via fuori dalla sua tenda che comincia a muoversi quasi fosse un fantasma pazzo: un cammello c’era rimasto dentro incastrato.

Il soldato, allora, decide di allontanarsi dall’accampamento e cercare un altro posto tranquillo in cui dormire. Una volta trovato, proprio mentre si prepara a dormire, sente arrivare un gruppo di animali, tra i quali un mulo, un cammello, un cavallo, due buoi e un elefante. Gli animali iniziano a parlare fra di loro e il soldato riesce a capire tutto perché sa la loro lingua, che aveva imparato grazie agli indigeni.

Gli animali iniziano una lunga e interessante chiacchierata: parlano di quale sia il migliore modo di combattere, della famiglia, di quali siano le cose che fanno più paura.

Il giorno seguente ha luogo la parata in onore dell’emiro dell’Afganistan, il quale rimane colpito dalla disciplina che gli animali al servizio della Regina mostrano di avere.


Personaggi

1) Personaggi del primo racconto in ordine di apparizione

n.NomeDescrizione
1Papà LupoÉ il primo personaggio del racconto. Coraggioso e responsabile, è il primo ad avvistare Mowgli e colui che gli insegnerà le regole da seguire in un branco di lupi;
2TabaquiÉ una iena di cui non ci si può fidare, sempre in giro a far malanni e raccontare bugie. I lupi la disprezzano perché mangia i rifiuti e i pezzi di pelle che trova nei mucchi di immondizie vicino ai villaggi;
3Mamma LupaÉ la mamma adottiva di Mowgli. Per difendere i suoi cuccioli è capace di fare di tutto;
4MowgliÉ il protagonista della storia: un bambino sveglio e intelligente che si adatta a ogni genere di situazione;
5Shere KhanÉ una tigre spietata e zoppa. Non rispetta nessuna delle regole della giungla e cerca in tutti i modi di guadagnare consenso tra i lupi più giovani al fine di sostituire Achela e diventare capobranco;
6BalooÉ un orso bruno e sonnacchioso che insegna la legge della giunga ai lupacchiotti. Lui è il primo a mettersi dalla parte di Mowgli al Consiglio del Branco;
7BagheeraÉ una pantera nera e nessuno osa attraversarle il cammino perché è astuta come Tabaqui, coraggiosa come il bufalo selvaggio e temeraria come l’elefante ferito. Insieme a Baloo, prende le difese di Mowgli al Consiglio del Branco e diventa il suo migliore amico;
8AchelaÉ un grosso lupo grigio e solitario che guida il branco e si distingue per la sua forza e la sua astuzia. Tutti lo rispettano;
9Bandar-logUna tribù di scimmie grigie. Esse sono fuori da ogni legge, non hanno una loro lingua, un capo e neppure memoria. Sono vanitose e pettegole, e rapiscono Mowgli con la scusa di volerlo far diventare il loro capo.
10KaaÉ un grosso Pitone Rupestre, vecchio e molto furbo. Baloo e Bagheera sono costretti a rivolgersi a lui quando Mowgli viene rapito dalle scimmie Bandar-log;
11Fratello BigioÉ il maggiore dei cuccioli di Mamma Lupa. Aiuta Mowgli ad escogitare un piano per fare fuori Shere Khan;

Per concludere…

Cari amici, siamo giunti al termine di questo lungo articolo nel quale vi abbiamo parlato del Libro della Giungla di Kipling. Per domande o commenti, inviateci una mail tramite la pagina contatti. Nel frattempo, alla prossima!


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